Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo articolo di Alessandro Montosi
Grazie al boom ottenuto nel 1972 dalla serie tv Mazinga Z ideata da Go Nagai e prodotta dalla Toei Animation, nel corso degli anni ’70 in Giappone dilagano le avventure animate di giganteschi robot guerrieri che combattono spettacolarmente in difesa dell’umanità. Oltre al capostipite, Nagai crea di lì a poco altri celebri robot guerrieri come Il Grande Mazinga, Goldrake e Jeeg Robot d’Acciaio, mentre anche altri autori e altre società si mettono a produrre opere dello stesso filone. Tutte quante le serie sono accomunate da ricorrenti scene in cui i comandanti nemici vengono rimproverati, a volte anche puniti, dai loro superiori per le loro continue ed umilianti sconfitte: “Inetto! Sempre a dire ‘stavolta ce la farò’ e invece nient’altro che fallimenti!”, grida ad esempio il Dottor Inferno al suo sottoposto Barone Ashura in Mazinga Z.
Il successo delle serie robotiche e le sventure dei nemici, offrono lo spunto ai produttori della Tatsunoko per la creazione di un nuovo tipo di serie animata coi robot, dotata di risvolti umoristici e demenziali, dove il maggior interesse è dato proprio dalle tragicomiche vicende dei cattivi. Si tratta del cosiddetto filone delle Time Bokan, iniziato nel 1975 con la serie tv omonima, dove ad un trio di simpatici “nemici” destinati inesorabilmente a perdere, si oppongono dei ragazzi bellissimi ma antipaticissimi. Oltre a parodiarne i robot, gli autori delle Time Bokan attingono da Nagai anche l’umorismo malizioso che caratterizzano altri suoi manga e opere animate come Cutie Honey (inedita in Italia), basti pensare che i buffi copricapi di alcuni personaggi della prima Time Bokan sono ispirati a dei reggiseni.
Di questo filone umoristico comprendente diverse serie tv, tra le quali “Calendarmen” e “I predatori del tempo”, quella più famosa in Italia e in Giappone è senz’altro Yattaman (108 episodi prodotti tra il 1977 e il 1979) in cui troviamo lo scapestrato “Trio Drombo” formato da Miss Dronio, splendida parodia delle sexy nemiche presenti in Cutie Honey, destinata a ritrovarsi spesso coi vestiti strappati, Boyakki, magro e con un vistoso nasone che costituisce la mente del gruppo e Tonzula, grosso e forzuto, ma poco intelligente.
Il Trio seguendo gli ordini del misterioso Docrobei, cerca di mettere le mani sui frammenti che compongono la Docrostone, pietra magica dai misteriosi poteri ricercata anche dai bellissimi e per certi versi antipaticissimi Ganchan e Janet che, insieme alla loro mascotte Robbie Robbie e all’aiuto dei loro buffi ed enormi animali-robot (Yattacan, Yattapellicano, Yattapanda, Yattaking,…), finisce inevitabilmente per sconfiggere sempre il Trio.
Tra i tanti meriti di quest’anime va ricordato l’indimenticabile meka design di Kunio Okawara, ideatore anche di Daitarn 3 e Gundam, autore di tutti i buffissimi e indimenticabili mezzi e robot meccanici presenti in molte serie Time Bokan, alcuni dei quali vere e proprie parodie delle “Macchine della morte” di Daitarn 3.
Per celebrare il trentesimo anniversario di Yattaman al regista Takashi Miike fù affidato il compito di dirigere l’adattamento cinematografico con attori in carne ed ossa.
La sua anteprima europea in versione originale giapponese al Far East Film Festival di Udine nel maggio 2009 riscosse una calorosa accoglienza dei fan italiani sorprendendo persino il produttore Yoshinori Chiba che nel suo blog scrisse: “Grande applauso e urla di gioia hanno accompagnato l’apparizione del maialino sulla palma a Udine. È accaduto solo in Italia”.
Nel 2011 arriva finalmente la versione italianizzata, grazie al coraggioso e lodevole impegno del piccolo distributore indipendente Officine UBU. Nonostante la distribuzione in sole quattro città italiane nel suo weekend d’esordio o la miope mancanza di interesse da parte della critica cinematografica nostrana, il film è destinato a lungo a far parlare di sé.
Basti pensare al titolo, cambiato dall’originale “Yatterman” a “Yattaman”, per rispettare la volontà di Chiba che, in accordo con Miike, (e l’insistenza dei newbokan) ha posto, come condizione necessaria alla distribuzione nel nostro paese, il mantenimento dell’adattamento dell’edizione italiana degli anni ’80, il cui rispetto, nel doppiaggio italiano del film, è stato garantito dal coinvolgimento di Fabio Erba, il maggiore esperto italiano di Time Bokan, nonché autore del libro “Yattaman, Calendarmen e le altre Time Bokan”.
La storia inizia nel corso di una battaglia tra gli Yattamen e il Trio Drombo. Ganchan entra in scena imitando l’apparizione di Kyashan nella sigla di testa dell’anime omonimo degli anni ‘70. C’è anche Yattacan, qui verniciato completamente in rosso e con un design completamente diverso, ma ancora bisognoso del suo “tonico” per combattere al meglio, la meccanica di produzione dei robottini è invece fedele alll’originale di Okawara.
Miss Dronio più sexy che mai, ma sfortunata e pasticciona come al solito, sprona i suoi scagnozzi a combattere tra le macerie di una città che hanno ormai distrutto.
In questa città si intravede la statua de L’ape Magà, citata anche in un manifesto appeso su un palazzo alla destra dello schermo in tutte le scene che mostrano l’uscita di Yattacan dalla sua base, omaggio di Miike e dei produttori a Tatsuo Yoshida, fondatore insieme ai suoi due fratelli della Tatsunoko. Le citazioni non finiscono qui perché Robbie Robbie, nella maggior parte delle scene realizzato in computer grafica, chiama in causa anche il Cosmopavone uccello magico al centro della disputa tra buoni e cattivi in Calendarmen. (Solo nella versione italiana suggerita da newbokan che omaggia la seconda serie più famosa in Italia, NDR).
Dopo la battaglia, un breve riassunto esplicativo fa chiarezza sulla situazione: per volere dell’auto nominato re dei ladri Docrobei, il Trio Drombo vuole mettere le mani su tutti i pezzi che compongono la magica pietra Docrostone, ma sul loro cammino trovano gli Yattamen Ganchan e Janet che, con l’aiuto del loro robot parlante Yattacan e dei piccoli ma sempre sorprendenti robot sorpresa, sono decisi a ostacolare i piani dei loro nemici. Sebbene Ganchan non abbia ancora capito a cosa serva la Docrostone (parodiando così i tanti eroi impulsivi che popolano l’animazione giapponese, disposti a gettarsi nella mischia senza aver ben chiara la situazione), insieme alla sua ragazza si rende disponibile ad aiutare la giovane Shoko, orfana di madre e in possesso di un pezzo della magica pietra, il cui padre (strepitosa caricatura di Indiana Jones) è misteriosamente scomparso in Negitto (come nella serie tv, luoghi e paesi reali sono citati volutamente in modo errato nel film) mentre si trovava sulle tracce della Docrostone, lasciando così Shoko completamente orfana, vale a dire, come essa stessa si definisce, la “classica sfigata degli anime giapponesi”(Solo nella versione italiana suggerita da newbokan), destinata a una vita impervia fatta di continui disagi e ulteriori complicazioni, la cui presenza in scena è spesso accompagnata da un brano strumentale triste e malinconico, fungendo allo stesso tempo anche da auto-parodia del regista ai tanti personaggi vittima della solitudine che popolano il suo cinema. il tutto prosegue tra:
– viaggi in giro per il mondo;
– siparietti musicali, la tradizionale canzone del Trio Drombo, qui ben doppiata in italiano;
– siparietti esplicativi, come nella serie tv, appaiono all’improvviso buffi personaggi che spiegano, ad esempio, come funziona il “tonico” di Yattacan;
– parodie di elementi ricorrenti nelle serie animate degli anni ’70 dei robot nagaiani, su tutte il robot “Vergine di Ferro”, più che evidente riferimento ai robot nagaiani femminili come Afrodite A di Mazinga Z e Venus Alfa de Il Grande Mazinga, entrambi dotati di “missili pettorali” che fuoriuscivano dal proprio seno;
– citazioni delle serie ispirate ai manga di Leiji Matsumoto, l’impervio destino che attende Shoko, ricorda quanto accade in Galaxy Express 999, ma allo stesso tempo vale anche come auto-parodia miikeiana del finale di Fudo;
– cammei dei doppiatori originali giapponesi del Trio, li si vede nella scena al ristorante, quando il Trio riconosce una voce famigliare tra i clienti del locale;
– storie d’amore impossibili, il coinvolgimento sentimentale tra Miss Dronio e Ganchan, che scatena le ire di Boyakki, innamorato senza speranza della sua sexy compagna di sventura, e di Janet, decisa a non farsi portare via il ragazzo dal quale, come molte protagoniste di tanti anime, attende di ricevere finalmente un bacio;
– esplosioni a forma di teschio, punizioni inferte da Docrobei ai suoi sottoposti per i loro fallimenti;
– l’entrata in scena di nuovi robot ideati dal Trio Drombo, come accadeva sempre coi robot nemici nelle serie robotiche nagaiane, accompagnata dall’apparizione sullo schermo della tradizionale scritta in giapponese con il nome del robot.
Scorrono così piacevolmente i 111 minuti di durata della pellicola, la quale, come in tanti anime degli anni ’70 e di oggi, prevede dopo i titoli di coda, anche l’anticipazione della prossima puntata!
E che c’entra Miike con tutto questo, si staranno chiedendo i profani e i poco avezzi frequentatori del variegato mondo della cultura giapponese. In realtà, il geniale regista giapponese, noto in Italia principalmente per le sue opere più horror e violente come Audition, Ichi the killer e Imprint (da noi ribattezzato “Sulle tracce del terrore”) episodio della prima stagione del telefilm Masters of Horror, aveva già più volte avuto a che fare con il mondo dei manga.
Fin dal suo periodo di formazione professionale, al secondo anno della scuola di cinema, partecipò come assistente alla realizzazione di un telefilm derivante da Black Jack, manga incentrato su un medico fuorilegge frutto della fantasia di Osamu Tezuka.
A quel primo “contatto” col mondo fumettistico, ne fanno seguito molti altri, dato che Miike realizza svariati adattamenti di manga, a volte per la tv (MPD Psycho), altre volte e più spesso per il mondo del cinema (Ichi the killer, Fudo – The New Generation), spingendosi persino ad omaggiare, nel 2004, con Zebraman, alla cui lavorazione partecipa anche Ichiro Mizuki, leggendario cantante delle sigle nipponiche di telefilm di fantascienza e di anime come Kyashan, Mazinga Z, Il Grande Mazinga, Capitan Harlock, Jeeg Robot d’Acciaio, ecc.., il filone dei tokusatsu (lett. “effetti speciali”),.
L’aspetto iniziale di Docrobei nel film Yattaman, con quella sua enorme testa a forma di teschio, ricorda molto i personaggi dei tokusatsu.
Miike, si è definito un grande fan di Yattaman al punto da replicare nel suo film molte delle sequenze del cartone.
Ha spesso inserito nelle sue altre opere elementi che sembrano riecheggiare le opere di Go Nagai.
Il ricorrere di personaggi ermafroditi o sessualmente ambigui (spesso presenti anche nelle opere nagaiane, basti pensare al Barone Ashura in Mazinga Z, Satana nel manga di Devilman, Gandal in Goldrake, Tatsuma Mido nei manga Guerrilla High e Violence Jack), la versatilità nell’affrontare i generi più diversi e impensabili (come il western all’italiana, amatissimo da Nagai e oggetto di remake da parte di Miike con la sua versione di Django di Sergio Corbucci), l’estrema e insostenibile sadica violenza di alcune opere per soli adulti (il manga nagaiano Violence Jack e il film Audition di Miike), sono tutti elementi che accomunano Miike e Nagai. Quest’ultimo, infatti, fin dai tempi del suo manga horror Devilman ha operato spesso folli mutazioni come i già citati “missili pettorali” di Afrodite A e Venus Alfa, inseriti da Nagai nelle avventure dei Mazinga per rimanere coerente col suo iniziale e travolgente successo di autore comico-erotico in Giappone (iniziato nel 1968 col manga Harenchi Gakuen, “Scuola senza pudore”, da noi inedito).
Genere che ha continuato a frequentare nel corso degli anni con opere come Kekko Kamen, dove la combattiva protagonista, completamente nuda se non per una maschera che le copre il volto e un paio di stivali, non esita ad abbattere i suoi nemici maschi facendo uso di armi “impropriamente sexy”, ricorrendo al suo irresistibile e demenziale “attacco a gambe divaricate”, o come il più recente manga Mazinger Angels, parodia erotica-robotica delle Charlie’s Angels dove tornano i robot femminili degli anni ’70, stavolta dotati di ben più imprevedibili e audaci armi collocate nei seni. Proprio come la “Vergine di Ferro” del film Yattaman che, seducendo Yattacan, fa inoltre il verso alla “mitica” storia d’amore tra robot che vedeva coinvolti Mazinga Z e la “cattiva” Minerva X nell’ep. 38 (divenuto di culto in Giappone, ma purtroppo inedito in Italia) della serie tv degli anni ‘70.
L’ultima e più sorprendente caratteristica che accomuna i due artisti e che ritroviamo anche in Yattaman, riguarda l’aspetto delle “teste” dei personaggi negativi, i quali sia in Nagai che in Miike spesso sono tutt’altro che semplici e banali “cattivi”, ma personaggi dotati di una propria complessità interiore. Fin dai tempi di Mao Dante, una caratteristica specifica di molti dei personaggi demoniaci e negativi che popolano le opere di Nagai, è quella di avere più di un volto sul proprio corpo. In Mao Dante, in mezzo agli occhi del Re Demone Dante, dopo che esso ha divorato il corpo del giovane Ryo Utsugi, muta la porzione di viso umano lì collocata: al posto del precedente volto umano, appare quello di Ryo, destinato prima ad assistere impotente alla distruzione provocata dal mostro, poi ad assumerne il controllo del corpo, ritrasformandosi in essere umano. L’intuizione del doppio viso con cui rappresentare demoni e mostri, è poi riproposta e perfezionata nel pessimistico manga di Devilman, dove le creature demoniache nemiche del protagonista possiedono spesso ben più di un grottesco volto umano: oltre alla tradizionale testa collocata sulle spalle, possono avere altri grotteschi visi e occhi disseminati ovunque sul proprio corpo, come nel caso di Zenon, la cui testa possiede ben tre volti dotati di parola: uno al centro, uno sulla sinistra e uno sulla destra del cranio. La scelta estetica prosegue coi mostri guerrieri e i loro comandanti del regno di Mikene ne Il Grande Mazinga, dove tutti loro sono dotati di due o più volti (a volte dai tratti umani, altre volte dalle fattezze orripilanti), collocati nelle parti più impensabili di un corpo: sull’estremità di un braccio, a rovescio sopra il collo, sullo stomaco, sul torace, all’interno di un seno. Particolarità comune a tutti loro è che non è quasi mai il volto collocato sulle spalle a parlare e a esercitare il controllo dei movimenti, ma bensì quello alternativo collocato in un’altra parte del corpo. Ad esempio, nel caso del Generale Nero, il volto parlante e pensante del personaggio si trova posizionato sullo stomaco. Ultimo e più celebre esempio di questa galleria di nemici nagaiani, è Gandal nell’anime Goldrake. Nelle prime puntate della serie esso è rappresentato come un individuo dal volto maschile, la cui faccia può improvvisamente e letteralmente “aprirsi” per far fuoriuscire la propria controparte femminile, Lady Gandal, una piccola streghetta vestita di rosso, dotata di voce propria e di una personalità autonoma, spesso dominante, isterica e aggressiva, che la porta a entrare in conflitto e a infuriarsi con Gandal. Nel corso della serie, l’aspetto di Lady Gandal cambia, ma il forte attrito tra le due personalità, dopo essersi momentaneamente assopito, torna ad esplodere giungendo ad esiti tragici.
Anche Takashi Miike ricorre all’espediente del doppio volto nel suo episodio dei Masters of Horror. Censurato negli USA per via dei suoi contenuti ritenuti troppo violenti e orripilanti, Imprint ci presenta la vicenda di una prostituta misteriosa che nasconde un imprevedibile segreto, legato a sua “sorella”. Tra i capelli della testa della donna, infatti, vi si trova un secondo volto. A quel volto appartiene una vera e propria seconda personalità, svolge la funzione dominante sulla sua “sorella” umana, riuscendo a piegarne la resistenza psicologica e a imporle di fare tutto quello che vuole.
Un conflitto tra due personalità che convivono all’interno di un unico corpo e che entrano in conflitto tra loro, è presente anche nella sequenza finale di Yattaman, dove avviene la resa dei conti con Docrobei e che rappresenta il momento più esplicitamente miikeiano dell’intero film, dando così la possibilità al regista di distaccarsi dall’anime originale. Toltosi il teschio che indossava sulla testa, il personaggio mostra un volto umano ai suoi antagonisti, che appartiene però a un uomo che aveva in precedenza “assorbito”, ovviamente in un modo più demenziale che inquietante..
La personalità dell’uomo e del malvagio entrano però in conflitto, dando così vita ad un divertente battibecco tra le due personalità, interpretabile sia come un’auto-parodia della mostruosa donna di Imprint, sia come un omaggio a tutti quei personaggi di anime e manga dotati di due personalità e di due voci in conflitto tra loro, come il già citato caso di Gandal, come quello di Gemini nei Cavalieri dello Zodiaco e come quello del detective protagonista con tre personalità di MPD Psycho, manga adattato per la tv proprio da Miike.
Tradizione delle Time Bokan, elementi di estetica nagaiana, parodie, malizia e auto-ironia di Miike, finiscono così per fondersi armonicamente nel corso di questo film, dando così vita ad uno dei migliori e più fedeli adattamenti “live” di un anime mai realizzato per il grande schermo, che, unito al meticoloso lavoro svolto da Fabio Erba e dalla direttrice di doppiaggio Monica Pariante per la creazione dell’edizione italiana, fanno di esso un appuntamento imperdibile per tutti coloro che, nel corso degli anni, hanno seguito e amato il fantastico mondo di Yattaman, dei robot giganti e dell’animazione giapponese tout court, fornendo inoltre un’importante occasione per poter far entrare in contatto tra loro la nutrita e ampia schiera delle diverse generazioni di fan italiani degli anime (si registrano anche fragorose risate di bambini alla proiezione in sala del film, a cui ha assistito chi scrive), con coloro che hanno fin qui faticosamente seguito e apprezzato il cinema d’autore di Takashi Miike, che approda per la prima volta in sala con una sua pellicola in versione italiana!
È dunque un’occasione irripetibile per poter veder realizzato il fortunato esito auspicato dallo stesso Miike: “Sarà il pubblico italiano che più apprezzerà questo film nel mondo!” Yatta, Yatta, Yattaman!
Alessandro Montosi